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Wednesday, 15 December 2010

Assegni bancari e la revoca di sistema.

Continuiamo a trattare le piacevolezze degli inghippi cui si può incorrere con gli assegni bancari.
In particolare, come scrivevo in un post precedente, quando un assegno viene emesso senza autorizzazione o senza provvista, si mette in moto la procedura denominata "Revoca di sistema". La revoca di sistema ha per conseguenza l'inibizione ad emettere assegni bancari per 6 mesi, con l'obbligo del cliente a restituire alla banca il blocchetto con quelli non ancora utilizzati.

Quando viene emesso un assegno senza autorizzazione o senza copertura la banca può non effettuare alcun pagamento per i titoli presentati all'incasso, ed è obbligata a procedere a segnalare la cosa alla CAI che, ahimé, non è il Club Alpino Italiano ma la Centrale di Allarme Interbancaria, archivio gestito dalla Banca d'Italia presso il quale si segnalano e vengono raccolti gli utilizzi anomali di assegni bancari e postali e delle carte di pagamento. Le segnalazioni avvengono da parte delle banche, uffici postali, intermediari finanziari, prefetti e l'autorità giudiziaria. E' possibile acccedere liberamente solo ai dati non nominativi (estremi degli assegni e delle carte bloccati, smarriti o rubati). Invece l'accesso ai dati nominativi può essere effettuato solo dalle filiali della Banca d'Italia, dagli enti segnalanti, dai diretti interessati o da persone da essi delegati presso gli enti segnalanti stessi.

Quando si viene iscritti alla CAI la revoca di sistema è automatica.

L'obbligo di iscrizione alla CAI si declina in diverso modo, a seconda che vi sia stata mancanza di autorizzazione o mancanza di provvista. Nel primo caso l'iscrizione del nominativo del traente deve essere effettuata dalla banca trattaria entro e non oltre il ventesimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo, senza bisogno di ulteriori formalità. Nel secondo caso il traente può evitare la segnalazione alla CAI con un pagamento tardivo.

Parleremo del pagamento tardivo in un successivo post.

Assegni bancari e la revoca di sistema.

Continuiamo a trattare le piacevolezze degli inghippi cui si può incorrere con gli assegni bancari.
In particolare, come scrivevo in un post precedente, quando un assegno viene emesso senza autorizzazione o senza provvista, si mette in moto la procedura denominata "Revoca di sistema". La revoca di sistema ha per conseguenza l'inibizione ad emettere assegni bancari per 6 mesi, con l'obbligo del cliente a restituire alla banca il blocchetto con quelli non ancora utilizzati.

Quando viene emesso un assegno senza autorizzazione o senza copertura la banca può non effettuare alcun pagamento per i titoli presentati all'incasso, ed è obbligata a procedere a segnalare la cosa alla CAI che, ahimé, non è il Club Alpino Italiano ma la Centrale di Allarme Interbancaria, archivio gestito dalla Banca d'Italia presso il quale si segnalano e vengono raccolti gli utilizzi anomali di assegni bancari e postali e delle carte di pagamento. Le segnalazioni avvengono da parte delle banche, uffici postali, intermediari finanziari, prefetti e l'autorità giudiziaria. E' possibile acccedere liberamente solo ai dati non nominativi (estremi degli assegni e delle carte bloccati, smarriti o rubati). Invece l'accesso ai dati nominativi può essere effettuato solo dalle filiali della Banca d'Italia, dagli enti segnalanti, dai diretti interessati o da persone da essi delegati presso gli enti segnalanti stessi.

Quando si viene iscritti alla CAI la revoca di sistema è automatica.

L'obbligo di iscrizione alla CAI si declina in diverso modo, a seconda che vi sia stata mancanza di autorizzazione o mancanza di provvista. Nel primo caso l'iscrizione del nominativo del traente deve essere effettuata dalla banca trattaria entro e non oltre il ventesimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo, senza bisogno di ulteriori formalità. Nel secondo caso il traente può evitare la segnalazione alla CAI con un pagamento tardivo.

Parleremo del pagamento tardivo in un successivo post.

Monday, 29 November 2010

L'emissione di assegno senza provvista.

Nell'ambito dell'attività d'impresa, è esperienza frequente quella di rilasciare a pagamento un assegno con "preghiera" di scambiarlo dopo una certa data. In un mondo di agnostici e atei, capita spesso che la preghiera resti inaudita e che il portatore si presenti in banca a scambiarlo, spesso anche con un largo sorriso, o che l'assegno finisca per essere portato all'incasso per un disguido qualunque, innocente quanto grave.

Sia chiaro che l'assegno è sempre pagabile a vista e che rilasciare un assegno con data in bianco o postdatarlo costituisce una forma di evasione dell'imposta di bollo che altrimenti andrebbe apposta alla cambiale, lo strumento vocato a queste forme di pagamento dilazionate. Però nella prassi commerciale accade di rilasciare assegni postdatati, che sono formalmente "irregolari".

Cosa accade nel caso in cui l'assegno presentato per il pagamento entro il termine utile sia senza provvista, cioè non sia coperto perché sul conto mancano le somme necessarie affinché la banca effettui il pagamento?

Beh, innanzitutto si incorre in un illecito amministrativo puntito dalla legge con sanzioni amministrative e con la c.d. "revoca di sistema", ai sensi della L.386/90 (modificata dal D.Lgsl 507/99). Le sanzioni pecuniarie variano da € 516 a € 3.099 e si incrementano nel caso di importo facciale superiore a a € 10.329 o di reiterazione. La stessa inosservanza della sanzioni amministrative può essere punita con la reclusione.

Le suddette sanzioni possono essere evitate con il c.d. "pagamento tardivo", che comunque costituisce un aggravio di costi per l'emittente. Parleremo del pagamento tardivo in un successivo post.

Un'ulteriore conseguenza può essere il protesto, che si ha quando viene accertato con atto pubblico il mancato pagamento dell'assegno e ne viene data pubblicità con la pubblicazione sul bollettino dei protesti. Il risultare protestati non è la cosa più divertente del mondo, perché si hanno une serie di conseguenze nei confronti di finanziatori, fornitori e, a volte, clienti. Approfondiremo il protesto in un successivo post.

Oltre alle sanzioni pecuniarie, in caso di particolare gravità dell'illecito o di importi elevati dell'assegno, il Prefetto può infliggere altre sanzioni che comportano il divieto di emettere altri assegni bancari per un periodo non inferiore a due anni (in casi ancora più gravi si può anche giungere all'interdizione dall'esercizio di attività professionale o imprenditoriale, interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imrepse, incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione).

Nel prossimo post vedremo in cosa consiste la c.d. Revoca di Sistema, altra meraviglia amministrativa che non risulta tra le più divertenti.

L'emissione di assegno senza provvista.

Nell'ambito dell'attività d'impresa, è esperienza frequente quella di rilasciare a pagamento un assegno con "preghiera" di scambiarlo dopo una certa data. In un mondo di agnostici e atei, capita spesso che la preghiera resti inaudita e che il portatore si presenti in banca a scambiarlo, spesso anche con un largo sorriso, o che l'assegno finisca per essere portato all'incasso per un disguido qualunque, innocente quanto grave.

Sia chiaro che l'assegno è sempre pagabile a vista e che rilasciare un assegno con data in bianco o postdatarlo costituisce una forma di evasione dell'imposta di bollo che altrimenti andrebbe apposta alla cambiale, lo strumento vocato a queste forme di pagamento dilazionate. Però nella prassi commerciale accade di rilasciare assegni postdatati, che sono formalmente "irregolari".

Cosa accade nel caso in cui l'assegno presentato per il pagamento entro il termine utile sia senza provvista, cioè non sia coperto perché sul conto mancano le somme necessarie affinché la banca effettui il pagamento?

Beh, innanzitutto si incorre in un illecito amministrativo puntito dalla legge con sanzioni amministrative e con la c.d. "revoca di sistema", ai sensi della L.386/90 (modificata dal D.Lgsl 507/99). Le sanzioni pecuniarie variano da € 516 a € 3.099 e si incrementano nel caso di importo facciale superiore a a € 10.329 o di reiterazione. La stessa inosservanza della sanzioni amministrative può essere punita con la reclusione.

Le suddette sanzioni possono essere evitate con il c.d. "pagamento tardivo", che comunque costituisce un aggravio di costi per l'emittente. Parleremo del pagamento tardivo in un successivo post.

Un'ulteriore conseguenza può essere il protesto, che si ha quando viene accertato con atto pubblico il mancato pagamento dell'assegno e ne viene data pubblicità con la pubblicazione sul bollettino dei protesti. Il risultare protestati non è la cosa più divertente del mondo, perché si hanno une serie di conseguenze nei confronti di finanziatori, fornitori e, a volte, clienti. Approfondiremo il protesto in un successivo post.

Oltre alle sanzioni pecuniarie, in caso di particolare gravità dell'illecito o di importi elevati dell'assegno, il Prefetto può infliggere altre sanzioni che comportano il divieto di emettere altri assegni bancari per un periodo non inferiore a due anni (in casi ancora più gravi si può anche giungere all'interdizione dall'esercizio di attività professionale o imprenditoriale, interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imrepse, incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione).

Nel prossimo post vedremo in cosa consiste la c.d. Revoca di Sistema, altra meraviglia amministrativa che non risulta tra le più divertenti.

Tuesday, 23 November 2010

Prorogati di 30 giorni i termini del bando "Attività portuali"

Quindi la scadenza prevista per il 13 novembre slitta al 13 dicembre.

Il motivo è il solito ultimomomentismo con cui sono stati forniti necessari chiarimenti sulle fidejussioni.

Del bando "Turismo" revocato per la eccessiva fallacia del bando stesso nessuna nuova.

Bisognerebbe avere una pazienza Zen...

Prorogati di 30 giorni i termini del bando "Attività portuali"

Quindi la scadenza prevista per il 13 novembre slitta al 13 dicembre.

Il motivo è il solito ultimomomentismo con cui sono stati forniti necessari chiarimenti sulle fidejussioni.

Del bando "Turismo" revocato per la eccessiva fallacia del bando stesso nessuna nuova.

Bisognerebbe avere una pazienza Zen...

Wednesday, 3 November 2010

Crisi aziendale: la corretta terapia.

Sono tempi duri per le imprese, questi. Molte imprese sperimentano difficoltà momentanee, ma moltissime sono cronicamente in stato di tensione finanziaria.

Lo stadio più grave della crisi, dal punto di vista finanziario, è l’INSOLVENZA (deficit finanziario), cioè l’incapacità ad adempiere regolarmente le obbligazioni contratte nell’esercizio dell’impresa.

La IRREVERSIBILITA’ o cronicità della crisi d’insolvenza comporta presto il DISSESTO (deficit patrimoniale), cioè uno stato di declino reddituale e crisi finanziaria ai quali si somma una condizione di incapienza delle attività patrimoniali rispetto alle passività contratte per finanziare l’esercizio dell’impresa.
Se l’azienda si trova in una situazione di carenza cronica di liquidità dovuta a un utile operativo troppo basso, ulteriore indebitamento bancario non farà che peggiorare la situazione, spostando solo nel tempo i problemi.

Possiamo identificare 2 tipi di CRISI:

1) Crisi economica

Questa può essere congiunturale e circoscritta o strutturale, e dovuta alle seguenti cause:

  • Obsolescenza del prodotto/servizio
  • Inefficienze gestionali delle varie aree (produttiva, commerciale, amministrativa, …), con eccesso di costi fissi, di oneri finanziari, ricavi inferiori al costo diretto del venduto
  • Rigidità della struttura produttiva
  • Carenza di programmazione/innovazione (perdita di competitività dovuta a al prodotto e al mancato aggiornamento tecnologico)
  • Diminuzione improvvisa della domanda (crisi economica o crisi di prodotto)

2) Crisi finanziaria-patrimoniale

Questo tipo di crisi è caratterizzato da:

  • Squilibrio della struttura delle fonti e degli impieghi
  • Eccesso di dipendenza dal capitale di terzi (sproporzione tra capitale proprio e capitale di terzi)
  • Eccesso di indebitamento rispetto ai flussi finanziari dell’impresa 

Come ci si comporta in caso ci si accorga che la nostra impresa naviga in acque finanziariamente basse, preludio di una crisi?

Quello che segue è, sinteticamente, il corretto percorso per uscire dalle secche di una crisi finanziaria.

1) Analisi di bilancio per margini ed indici ed analisi dei flussi di cassa degli ultimi 3 bilanci
2) Individuazione della cause che hanno portato al disequilibrio
3) Individuazione di strategie di breve termine e gestione delle “urgenze” finanziarie:

  • mantenimento del livello di fatturato
  • contenimento e ristrutturazione dei costi fissi e variabili
  • gestione clienti morosi (recupero di crediti già scaduti o in contenzioso)
  • rinegoziazioni del debito v/fornitori e delle condizioni di pagamento per i nuovi acquisti
  • richiesta di maggior disponibilità alla banca
  • sblocco di riserve non strategiche, …
  • operazioni di anticipo dei crediti verso clienti mediante operazioni di sconto, factoring,…
  • ottimizzazione e riduzione delle scorte e di messa a punto del prodotto (revisione del ciclo di magazzino e di produzione)
  • consolidamento  dell’esposizione a breve termine con l’accensione di mutui a medio termine dalle rate sostenibili

4) Individuazione di strategie di M/L termine

  • Previsioni sull’evoluzione del mercato
  • Decisioni su ristrutturazione o rilancio
  • Budget delle vendite e CE previsionale a 3-5 anni
  • Determinazione e copertura del fabbisogno finanziario
  • Studio di piani di ammortamento per eventuale ulteriore indebitamento

5)  Copertura del fabbisogno finanziario (banche, soci, ecc.). Solo in questa fase, avendo chiarito cause, prospettive e sostenibilità delle soluzioni, potremo fare le corrette scelte operative di risanamento.

In bocca al lupo!

Crisi aziendale: la corretta terapia.

Sono tempi duri per le imprese, questi. Molte imprese sperimentano difficoltà momentanee, ma moltissime sono cronicamente in stato di tensione finanziaria.

Lo stadio più grave della crisi, dal punto di vista finanziario, è l’INSOLVENZA (deficit finanziario), cioè l’incapacità ad adempiere regolarmente le obbligazioni contratte nell’esercizio dell’impresa.

La IRREVERSIBILITA’ o cronicità della crisi d’insolvenza comporta presto il DISSESTO (deficit patrimoniale), cioè uno stato di declino reddituale e crisi finanziaria ai quali si somma una condizione di incapienza delle attività patrimoniali rispetto alle passività contratte per finanziare l’esercizio dell’impresa.
Se l’azienda si trova in una situazione di carenza cronica di liquidità dovuta a un utile operativo troppo basso, ulteriore indebitamento bancario non farà che peggiorare la situazione, spostando solo nel tempo i problemi.

Possiamo identificare 2 tipi di CRISI:

1) Crisi economica

Questa può essere congiunturale e circoscritta o strutturale, e dovuta alle seguenti cause:

  • Obsolescenza del prodotto/servizio
  • Inefficienze gestionali delle varie aree (produttiva, commerciale, amministrativa, …), con eccesso di costi fissi, di oneri finanziari, ricavi inferiori al costo diretto del venduto
  • Rigidità della struttura produttiva
  • Carenza di programmazione/innovazione (perdita di competitività dovuta a al prodotto e al mancato aggiornamento tecnologico)
  • Diminuzione improvvisa della domanda (crisi economica o crisi di prodotto)

2) Crisi finanziaria-patrimoniale

Questo tipo di crisi è caratterizzato da:

  • Squilibrio della struttura delle fonti e degli impieghi
  • Eccesso di dipendenza dal capitale di terzi (sproporzione tra capitale proprio e capitale di terzi)
  • Eccesso di indebitamento rispetto ai flussi finanziari dell’impresa 

Come ci si comporta in caso ci si accorga che la nostra impresa naviga in acque finanziariamente basse, preludio di una crisi?

Quello che segue è, sinteticamente, il corretto percorso per uscire dalle secche di una crisi finanziaria.

1) Analisi di bilancio per margini ed indici ed analisi dei flussi di cassa degli ultimi 3 bilanci
2) Individuazione della cause che hanno portato al disequilibrio
3) Individuazione di strategie di breve termine e gestione delle “urgenze” finanziarie:

  • mantenimento del livello di fatturato
  • contenimento e ristrutturazione dei costi fissi e variabili
  • gestione clienti morosi (recupero di crediti già scaduti o in contenzioso)
  • rinegoziazioni del debito v/fornitori e delle condizioni di pagamento per i nuovi acquisti
  • richiesta di maggior disponibilità alla banca
  • sblocco di riserve non strategiche, …
  • operazioni di anticipo dei crediti verso clienti mediante operazioni di sconto, factoring,…
  • ottimizzazione e riduzione delle scorte e di messa a punto del prodotto (revisione del ciclo di magazzino e di produzione)
  • consolidamento  dell’esposizione a breve termine con l’accensione di mutui a medio termine dalle rate sostenibili

4) Individuazione di strategie di M/L termine

  • Previsioni sull’evoluzione del mercato
  • Decisioni su ristrutturazione o rilancio
  • Budget delle vendite e CE previsionale a 3-5 anni
  • Determinazione e copertura del fabbisogno finanziario
  • Studio di piani di ammortamento per eventuale ulteriore indebitamento

5)  Copertura del fabbisogno finanziario (banche, soci, ecc.). Solo in questa fase, avendo chiarito cause, prospettive e sostenibilità delle soluzioni, potremo fare le corrette scelte operative di risanamento.

In bocca al lupo!

Wednesday, 27 October 2010

Pianificazione Finanziaria: il budget di tesoreria (o di cassa).

Con il Budget di Cassa l’azienda verifica in anticipo la disponibilità dei mezzi liquidi occorrenti, tipicamente con cadenza SETTIMANALE o MENSILE.
Il Budget di cassa può essere molto efficace anche in assenza di un sistema di Budget più completo.
I flussi di entrata ed uscita di cassa sono, comunque, SEMPRE strettamente ricollegabili a programmi già determinati in fase di formazione degli altri budget.

Ricordate che deve essere possibile la riconciliazione, non la ricerca della concordanza delle cifre, concettualmente impossibile.

Tenete anche conto che il semplice “spalmare” le uscite mensilmente svuota di senso lo strumento Budget di Cassa. L’informazione sui saldi periodici è molto importante, in quanto segnala alla direzione:

  • la disponibilità, in certi periodi, di mezzi liquidi eventualmente da investire
  • la necessità, in altri periodi, di reperire i mezzi liquidi necessari per fronteggiare uno sbilancio di cassa

L'approccio contabile, soprattutto con riferimento alla gestione a brevissimo o addirittura immediata dei flussi monetari, può non essere sufficiente.

Spesso si impongono, infatti, delle alternative in termini di:

  • informazioni da gestire e relativo grado di dettaglio;
  • arco temporale oggetto della previsione (giorno, settimana, mese...);
  • frequenza e tempistiche di aggiornamento;
  • logiche e strumenti operativi di elaborazione delle previsioni;
  • modalità di rappresentazione delle informazioni;
  • funzioni aziendali coinvolte nel processo.

Pianificazione Finanziaria: il budget di tesoreria (o di cassa).

Con il Budget di Cassa l’azienda verifica in anticipo la disponibilità dei mezzi liquidi occorrenti, tipicamente con cadenza SETTIMANALE o MENSILE.
Il Budget di cassa può essere molto efficace anche in assenza di un sistema di Budget più completo.
I flussi di entrata ed uscita di cassa sono, comunque, SEMPRE strettamente ricollegabili a programmi già determinati in fase di formazione degli altri budget.

Ricordate che deve essere possibile la riconciliazione, non la ricerca della concordanza delle cifre, concettualmente impossibile.

Tenete anche conto che il semplice “spalmare” le uscite mensilmente svuota di senso lo strumento Budget di Cassa. L’informazione sui saldi periodici è molto importante, in quanto segnala alla direzione:

  • la disponibilità, in certi periodi, di mezzi liquidi eventualmente da investire
  • la necessità, in altri periodi, di reperire i mezzi liquidi necessari per fronteggiare uno sbilancio di cassa

L'approccio contabile, soprattutto con riferimento alla gestione a brevissimo o addirittura immediata dei flussi monetari, può non essere sufficiente.

Spesso si impongono, infatti, delle alternative in termini di:

  • informazioni da gestire e relativo grado di dettaglio;
  • arco temporale oggetto della previsione (giorno, settimana, mese...);
  • frequenza e tempistiche di aggiornamento;
  • logiche e strumenti operativi di elaborazione delle previsioni;
  • modalità di rappresentazione delle informazioni;
  • funzioni aziendali coinvolte nel processo.

Pianificazione Finanziaria: le informazioni desumibili dal prospetto di Cash Flow.

Dal prospetto Impieghi e Fonti riusciamo a ritrarre (e a spiegare ad un finanziatore o ad un socio) le seguenti informazioni:
FONTI:
Predominanza di fonti:
  • interne (da gestione reddituale, è la situazione auspicabile)
  • esterne di CP (flussi finanziari generati da aumenti di capitale sociale)
  • esterne di Capitale di Debito (azienda in espansione)
  • da dismissioni (tipico di imprese che rinnovano o che contraggono l’attività)
IMPIEGHI:
Predominanza di:
  • Investimenti in immobilizzazioni (aziende in sviluppo)
  • Concessioni di prestiti (aziende capogruppo che finanziano controllate o collegate)
  • Rimborsi di prestiti (l’azienda usa le risorse per rimborsare i debiti)
  • Diminuzioni di PN (vanno via molti soci o azionisti)
(segue...)

Pianificazione Finanziaria: le informazioni desumibili dal prospetto di Cash Flow.

Dal prospetto Impieghi e Fonti riusciamo a ritrarre (e a spiegare ad un finanziatore o ad un socio) le seguenti informazioni:
FONTI:
Predominanza di fonti:
  • interne (da gestione reddituale, è la situazione auspicabile)
  • esterne di CP (flussi finanziari generati da aumenti di capitale sociale)
  • esterne di Capitale di Debito (azienda in espansione)
  • da dismissioni (tipico di imprese che rinnovano o che contraggono l’attività)
IMPIEGHI:
Predominanza di:
  • Investimenti in immobilizzazioni (aziende in sviluppo)
  • Concessioni di prestiti (aziende capogruppo che finanziano controllate o collegate)
  • Rimborsi di prestiti (l’azienda usa le risorse per rimborsare i debiti)
  • Diminuzioni di PN (vanno via molti soci o azionisti)
(segue...)

Tuesday, 26 October 2010

On-line le slides sul Budget Finanziario.

Sono on-line le slides relative al mio intervento sul Budget Finanziario e Crisi d'impresa in occasione del Seminario organizzato dalla Commissione Consulenza Aziendale dell'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Ragusa, tenutosi il 21 ottobre 2010, dal titolo "Crisi aziendale. Controllo di gestione: uno strumento per affrontare la crisi?".

On-line le slides sul Budget Finanziario.

Sono on-line le slides relative al mio intervento sul Budget Finanziario e Crisi d'impresa in occasione del Seminario organizzato dalla Commissione Consulenza Aziendale dell'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Ragusa, tenutosi il 21 ottobre 2010, dal titolo "Crisi aziendale. Controllo di gestione: uno strumento per affrontare la crisi?".

Thursday, 21 October 2010

Pianificazione Finanziaria: il prospetto di Cash Flow (o Rendiconto Finanziario).

La ricostruzione del flusso generato dalla gestione reddituale (Cash flow da CE) è solo UNA misura dell'autofinanziamento aziendale e il documento che evidenzia in dettaglio QUALE attività aziendale abbia generato o assorbito liquidità è il prospetto di Cash Flow o Rendiconto Finanziario (preventivo).
Con il prospetto di C.F. della variazioni di liquidità, inoltre, è possibile giungere a determinare anche l’importo delle liquidità di cassa alla fine del periodo di piano.
Esistono più configurazioni  di Rendiconto Finanziario (R.F. delle variazioni di CCN e R.F. delle variazioni di liquidità) e più modi per determinare l’ammontare del flusso di cassa generato dalla gestione reddituale.



Il Flusso di cassa operativo (C.) è una misura dell’autofinanziamento al netto di movimenti nel CCNO, nell’Attivo Immobilizzato e nel Passivo.

È quindi l'elemento cardine con cui si separa la gestione d'azienda ed il finanziamento della stessa.

Il Flusso di cassa netto di periodo è il totale dei flussi di cassa generati dall'impresa nel suo complesso, mentre il Cash Flow Operativo è l'insieme dei flussi di cassa (cioè della liquidità) generati dalla sola gestione tipica (o operativa).

Il modo più semplice di elaborare un Prospetto di Cash Flow è quello di partire dall’Utile prima delle imposte (EBIT, tratto dal CE previsionale) e rettificare e integrare questo valore con i costi e ricavi NON MONETARI, ottenendo il Cash Flow da Conto Economico:

+ Reddito d’esercizio

- Costi “non monetari” 
(quota d’ammortamento, quota d’accantonamento ai fondi svalutazione di elementi patrimoniali e svalutazioni di elementi patrimoniali, …)

+ Ricavi “non monetari”
(rivalutazione di cespiti iscritti nel CE, utilizzo di riserve rilevate nel CE, plusvalenze, …)

A partire dal Cash Flow da Conto Economico si effettuano ulteriori integrazioni e rettifiche per tenere conto delle variazioni che avvengono nel Capitale Circolante Netto Operativo (CCNO).
L’aumento di un’attività operativa diversa dalla cassa (crediti) va considerata come una diminuzione della liquidità, per cui va sottratta al valore del flusso di cassa operativo.

L’aumento di una passività operativa diversa dalla cassa (debiti) va considerata come un aumento della liquidità, per cui va aggiunta al valore del flusso di cassa operativo
L'acquisto di un’immobilizzazione tecnica genera un decremento della liquidità, la cessione un’entrata.
Il flusso di cassa per attività di investimento, sommato al flusso di cassa monetario dell’attività operativa d’esercizio (creatosi nella gestione corrente) genera il Flusso di Cassa Operativo.

L'accensione di debiti finanziari (a breve e/o a medio/lungo termine) genera un’entrata di cassa mentre la restituzione genera un’uscita di cassa.
L'aumento di capitale genera un’entrata (limitatamente alla quota di capitale effettivamente versata), mentre la distribuzione di dividendi un’uscita.

Gli interessi attivi e passivi – che hanno contribuito alla formazione del reddito di esercizio – sono stati già considerati una componente del flusso di cassa della attività operativa d’esercizio (gestione corrente)

(Segue...)

Pianificazione Finanziaria: il prospetto di Cash Flow (o Rendiconto Finanziario).

La ricostruzione del flusso generato dalla gestione reddituale (Cash flow da CE) è solo UNA misura dell'autofinanziamento aziendale e il documento che evidenzia in dettaglio QUALE attività aziendale abbia generato o assorbito liquidità è il prospetto di Cash Flow o Rendiconto Finanziario (preventivo).
Con il prospetto di C.F. della variazioni di liquidità, inoltre, è possibile giungere a determinare anche l’importo delle liquidità di cassa alla fine del periodo di piano.
Esistono più configurazioni  di Rendiconto Finanziario (R.F. delle variazioni di CCN e R.F. delle variazioni di liquidità) e più modi per determinare l’ammontare del flusso di cassa generato dalla gestione reddituale.



Il Flusso di cassa operativo (C.) è una misura dell’autofinanziamento al netto di movimenti nel CCNO, nell’Attivo Immobilizzato e nel Passivo.

È quindi l'elemento cardine con cui si separa la gestione d'azienda ed il finanziamento della stessa.

Il Flusso di cassa netto di periodo è il totale dei flussi di cassa generati dall'impresa nel suo complesso, mentre il Cash Flow Operativo è l'insieme dei flussi di cassa (cioè della liquidità) generati dalla sola gestione tipica (o operativa).

Il modo più semplice di elaborare un Prospetto di Cash Flow è quello di partire dall’Utile prima delle imposte (EBIT, tratto dal CE previsionale) e rettificare e integrare questo valore con i costi e ricavi NON MONETARI, ottenendo il Cash Flow da Conto Economico:

+ Reddito d’esercizio

- Costi “non monetari” 
(quota d’ammortamento, quota d’accantonamento ai fondi svalutazione di elementi patrimoniali e svalutazioni di elementi patrimoniali, …)

+ Ricavi “non monetari”
(rivalutazione di cespiti iscritti nel CE, utilizzo di riserve rilevate nel CE, plusvalenze, …)

A partire dal Cash Flow da Conto Economico si effettuano ulteriori integrazioni e rettifiche per tenere conto delle variazioni che avvengono nel Capitale Circolante Netto Operativo (CCNO).
L’aumento di un’attività operativa diversa dalla cassa (crediti) va considerata come una diminuzione della liquidità, per cui va sottratta al valore del flusso di cassa operativo.

L’aumento di una passività operativa diversa dalla cassa (debiti) va considerata come un aumento della liquidità, per cui va aggiunta al valore del flusso di cassa operativo
L'acquisto di un’immobilizzazione tecnica genera un decremento della liquidità, la cessione un’entrata.
Il flusso di cassa per attività di investimento, sommato al flusso di cassa monetario dell’attività operativa d’esercizio (creatosi nella gestione corrente) genera il Flusso di Cassa Operativo.

L'accensione di debiti finanziari (a breve e/o a medio/lungo termine) genera un’entrata di cassa mentre la restituzione genera un’uscita di cassa.
L'aumento di capitale genera un’entrata (limitatamente alla quota di capitale effettivamente versata), mentre la distribuzione di dividendi un’uscita.

Gli interessi attivi e passivi – che hanno contribuito alla formazione del reddito di esercizio – sono stati già considerati una componente del flusso di cassa della attività operativa d’esercizio (gestione corrente)

(Segue...)

Monday, 18 October 2010

Pianificazione Finanziaria: il prospetto Impieghi e Fonti.

Iniziamo a vedere la "Pianificazione Finanziaria".
La P.F. permette di:

  • Ottimizzare nel m/l periodo l’assetto della struttura finanziaria, riducendo il rischio di una condizione di squilibrio finanziario.
  • Supportare il decision making aziendale in qualsiasi fase o processo aziendale (crescita, consolidamento, riposizionamento, ecc.).
  • Dialogare in modo più efficace e mirato con i diversi soggetti finanziari esterni (banche, clienti, fornitori, investitori in capitale di rischio…).
  • Adottare un modello di gestione “anticipata” della dinamica finanziaria.
  • Formalizzare gli obiettivi aziendali per la loro condivisione all’interno dell’organizzazione e per il miglioramento/misurazione della performance.
  • Analizzare la sostenibilità finanziaria di iniziative di investimento.
  • Studiare le diverse modalità di copertura del capitale investito.
  • Determinare la capacità di un’azienda di creare liquidità, mostrando anche quali attività abbiano assorbito o abbiano generato liquidità.
Viene rappresentata attraverso 2 prospetti:
  • Prospetto Impieghi e Fonti
  • Prospetto di Cash Flow o Rendiconto Finanziario
Il prospetto Impieghi e Fonti

La costruzione del Budget (che si materializza nel relativo prospetto) degli Impieghi e delle Fonti si articola nelle seguenti fasi:
  • conoscenza (o ipotesi) dello Stato Patrimoniale di inizio periodo;
  • previsioni di Conto Economico (per gli anni oggetto di previsione);
  • ipotesi condizioni di incasso/pagamento;
  • ipotesi di movimenti finanziari cash (investimenti, disinvestimenti, liquidazioni, ecc.);
  • determinazione del fabbisogno netto da coprire (IMPIEGHI) che l’impresa dovrà realizzare
  • individuazione delle modalità di copertura (FONTI) su cui l’impresa potrà contare
  • verifica della fattibilità delle opzioni finanziarie prescelte (revisione iterativa)
  • redazione del Prospetto degli Impieghi e delle Fonti


    Dove gli IMPIEGHI (investimenti) sono:
    1. Investimenti in capitale fisso (cioè aumenti del capitale fisso rispetto a quello esistente all’inizio dell’anno)
    2. Investimenti in capitale circolante (cioè incrementi delle scorte di magazzino, dei crediti v/clienti, ecc)
    3. Rimborso di debiti preesistenti (a breve o a lungo termine)
    4. Rimborso di capitale proprio e pagamento di utile ai soci
    e le FONTI (finanziamenti) sono:
    1. Flusso generato dalla gestione reddituale (autofinanziamento)
    2. Apporti di capitale proprio
    3. Finanziamenti mediante capitale di credito
    4. Disinvestimenti di capitale fisso o circolante
    (Segue...)

    Pianificazione Finanziaria: il prospetto Impieghi e Fonti.

    Iniziamo a vedere la "Pianificazione Finanziaria".
    La P.F. permette di:

    • Ottimizzare nel m/l periodo l’assetto della struttura finanziaria, riducendo il rischio di una condizione di squilibrio finanziario.
    • Supportare il decision making aziendale in qualsiasi fase o processo aziendale (crescita, consolidamento, riposizionamento, ecc.).
    • Dialogare in modo più efficace e mirato con i diversi soggetti finanziari esterni (banche, clienti, fornitori, investitori in capitale di rischio…).
    • Adottare un modello di gestione “anticipata” della dinamica finanziaria.
    • Formalizzare gli obiettivi aziendali per la loro condivisione all’interno dell’organizzazione e per il miglioramento/misurazione della performance.
    • Analizzare la sostenibilità finanziaria di iniziative di investimento.
    • Studiare le diverse modalità di copertura del capitale investito.
    • Determinare la capacità di un’azienda di creare liquidità, mostrando anche quali attività abbiano assorbito o abbiano generato liquidità.
    Viene rappresentata attraverso 2 prospetti:
    • Prospetto Impieghi e Fonti
    • Prospetto di Cash Flow o Rendiconto Finanziario
    Il prospetto Impieghi e Fonti

    La costruzione del Budget (che si materializza nel relativo prospetto) degli Impieghi e delle Fonti si articola nelle seguenti fasi:
    • conoscenza (o ipotesi) dello Stato Patrimoniale di inizio periodo;
    • previsioni di Conto Economico (per gli anni oggetto di previsione);
    • ipotesi condizioni di incasso/pagamento;
    • ipotesi di movimenti finanziari cash (investimenti, disinvestimenti, liquidazioni, ecc.);
    • determinazione del fabbisogno netto da coprire (IMPIEGHI) che l’impresa dovrà realizzare
    • individuazione delle modalità di copertura (FONTI) su cui l’impresa potrà contare
    • verifica della fattibilità delle opzioni finanziarie prescelte (revisione iterativa)
    • redazione del Prospetto degli Impieghi e delle Fonti


      Dove gli IMPIEGHI (investimenti) sono:
      1. Investimenti in capitale fisso (cioè aumenti del capitale fisso rispetto a quello esistente all’inizio dell’anno)
      2. Investimenti in capitale circolante (cioè incrementi delle scorte di magazzino, dei crediti v/clienti, ecc)
      3. Rimborso di debiti preesistenti (a breve o a lungo termine)
      4. Rimborso di capitale proprio e pagamento di utile ai soci
      e le FONTI (finanziamenti) sono:
      1. Flusso generato dalla gestione reddituale (autofinanziamento)
      2. Apporti di capitale proprio
      3. Finanziamenti mediante capitale di credito
      4. Disinvestimenti di capitale fisso o circolante
      (Segue...)

      Monday, 11 October 2010

      Pianificazione Finanziaria e Gestione di Tesoreria.

      L'attività di “Pianificazione finanziaria” in senso stretto e quella di “Gestione di Tesoreria” (detta anche “Pianificazione finanziaria a breve”) possiedono in ambito aziendale autonomia ed utilità propri e presentano diversi:
      • obiettivi
      • logiche
      • ruoli delle funzioni aziendali interessate
      • strumenti di rappresentazione
      Confondere i 2 ambiti rischia di generare i seguenti (ricorrenti) problemi:
      • confusione circa i ruoli delle funzioni aziendali interessate;
      • incoerenza tra le risultanze del piano e del programma riferite allo stesso periodo di tempo:  deve essere possibile la riconciliazione, non la ricerca della concordanza delle cifre, concettualmente impossibile.
      Vediamo schematicamente le principali differenze tra Pianificazione Finanziaria e Gestione di Tesoreria:




      Approfondiamo separatamente i 2 aspetti.

      (Segue...)

      Pianificazione Finanziaria e Gestione di Tesoreria.

      L'attività di “Pianificazione finanziaria” in senso stretto e quella di “Gestione di Tesoreria” (detta anche “Pianificazione finanziaria a breve”) possiedono in ambito aziendale autonomia ed utilità propri e presentano diversi:
      • obiettivi
      • logiche
      • ruoli delle funzioni aziendali interessate
      • strumenti di rappresentazione
      Confondere i 2 ambiti rischia di generare i seguenti (ricorrenti) problemi:
      • confusione circa i ruoli delle funzioni aziendali interessate;
      • incoerenza tra le risultanze del piano e del programma riferite allo stesso periodo di tempo:  deve essere possibile la riconciliazione, non la ricerca della concordanza delle cifre, concettualmente impossibile.
      Vediamo schematicamente le principali differenze tra Pianificazione Finanziaria e Gestione di Tesoreria:




      Approfondiamo separatamente i 2 aspetti.

      (Segue...)

      Wednesday, 6 October 2010

      Sei un avvocato? Un consumatore vessato da usura o da soprusi finanziari? Un'impresa con una gestionefinanziaria non serena? Vuoi cogliere le opportunità offerte dai bandi di finanza agevolata?
      Non arrenderti agli eventi!
      Sei un avvocato? Un consumatore vessato da usura o da soprusi finanziari? Un'impresa con una gestionefinanziaria non serena? Vuoi cogliere le opportunità offerte dai bandi di finanza agevolata?
      Non arrenderti agli eventi!

      Friday, 24 September 2010

      Revoca del Bando Turismo in Sicilia in scadenza il 13 novembre 2010.

      Con DDG n.2337 del 15.09.2010 in corso di pubblicazione sulla GURS, è stata comunicata la revoca del bando PO FESR 2007/2010 linea di intervento 3.3.1.4 per l’attivazione, la riqualificazione e l’ampliamento dell’offerta ricettiva in Sicilia. Non si conosce la data della pubblicazione del nuovo bando.

      A causare la revoca pare sia stato (per favore, non ridete) l'eccesso di errori contenuto nel bando precedente.
      Avevo già pubblicato un importante errata corrige con il quale si ammetteva l'accesso anche alle imprese individuali (prima inopinatamente escluse).

      Nel frattempo la Sicilia si è dotata di un nuovo governo.

      Ora sì che siamo a cavallo!

      Revoca del Bando Turismo in Sicilia in scadenza il 13 novembre 2010.

      Con DDG n.2337 del 15.09.2010 in corso di pubblicazione sulla GURS, è stata comunicata la revoca del bando PO FESR 2007/2010 linea di intervento 3.3.1.4 per l’attivazione, la riqualificazione e l’ampliamento dell’offerta ricettiva in Sicilia. Non si conosce la data della pubblicazione del nuovo bando.

      A causare la revoca pare sia stato (per favore, non ridete) l'eccesso di errori contenuto nel bando precedente.
      Avevo già pubblicato un importante errata corrige con il quale si ammetteva l'accesso anche alle imprese individuali (prima inopinatamente escluse).

      Nel frattempo la Sicilia si è dotata di un nuovo governo.

      Ora sì che siamo a cavallo!

      Thursday, 23 September 2010

      Prima di metter su società con un amico...

      Fare impresa, mollare il lavoro dipendente e mettersi in proprio facendo società con un amico è il sogno di molti. Molto spesso le perplessità sono di tipo finanziario, ancor prima che economico. Quasi mai sono di tipo organizzativo.
      Eppure l’esperienza insegna che l'insuccesso di moltissimi sodalizi avviene prima che per motivi finanziari, per problemi legati agli aspetti relazionali, alla mancata condivisione di obiettivi strategici o al mancato accordo su regole di convivenza interna. Dovremmo ricordare, invece, che anche se abbiamo cieca fiducia reciproca, dobbiamo sempre confermarci vicendevolmente gli accordi, anche con i nostri fratelli. Anzi, proprio perché teniamo in modo speciale ai nostri rapporti sociali e familiari, in questi casi è ancora più importante stabilire delle regole. Parenti e amici, nella loro qualità di soci, vanno trattati come estranei, utilizzando le stesse cautele.
      Determinanti, per il successo di un 'impresa, non è tanto il fatto di avere soci in numero dispari, purché inferiori a 3 (come recita un adagio) o il semplice entusiasmo, quanto la compatibilità caratteriale e una chiara divisione delle responsabilità e dei poteri tra i soci.
      Il piano di business in questi casi rappresenta lo strumento programmatico per eccellenza, impostato più per un uso interno che da comunicare all’esterno (banche, finanziatori, ecc.). Solo successivamente (ma prima della costituzione) sarà anche necessario affiancare ad atto costitutivo e statuto un regolamento molto dettagliato: responsabilità aziendali, utilizzo locali, telefono... In caso di controversie, se c'è un accordo preliminare, la soluzione sarà più semplice.
      Preliminarmente è necessario un laico (nel senso di non "innamorato" dell'iniziativa), confronto sull’idea, sulla filosofia che sottende sugli obiettivi e sui ruoli e le funzioni dei futuri soci "nubendi".
      Successivamente va analizzato il mercato (clientela e concorrenza) e i servizi e prodotti che si intendono realizzare.
      Successivamente e consequenzialmente, vanno analizzati nel Business plan gli aspetti organizzativi.
      La formalizzazione "nero su bianco" della missione e di obiettivi realistici e coerenti è il punto fondamentale attorno al quale si sviluppa l’intero progetto.
      In particolare i soci devono chiarire:
      • di avere in mente la stessa cosa riguardo il proprio business. Sembra ovvio, ma nella mia esperienza, posso assicurarvi che non è sempre così.
      • i principi fondamentali dello statuto e del regolamento interno;
      • ruoli e funzioni di ciascun socio;
      • l’adesione futura di nuovi soci e le modalità del loro ingresso;
      • regole per l'eventualità di una futura cessione del nascente business;
      • le esigenze personali (famiglia, hobbies, ecc.) e la correlazione di esse con il nuovo impegno.
      Gli obiettivi
      È importante che gli obiettivi siano misurabili in modo da disegnare un "percorso ideale" per raggiungerli e per poi analizzare gli scostamenti rispetto al percorso tracciato.
      Gli obiettivi devono essere misurabili in cifre e vanno stabilite le date entro i quali questi vanno raggiunti. Vanno anche stabilite le strategie del gruppo per raggiungere i suddetti obiettivi.
      Per metterli a punto dovremo visualizzare un orizzonte temporale inizialmente triennale, poi annuale e poi mensile.
      Dovremo prevedere momenti di verifica degli obiettivi almeno trimestrali se non mensili (in relazione alla complessità della gestione) dello stato dei nostri lavori e degli obiettivi. Eventualmente dovremo rivedere le nostre strategie per raggiungerli, o rivedere gli stessi obiettivi. Certo la revisione non dovrà rimettere in discussione il piano anche per piccoli scostamenti di dettaglio non significativi.
      Esempio di obiettivi (scegliete voi i più opportuni, o aggiungetene altri per voi significativi):
      • n.° di nuovi clienti entro il…
      • fatturato da raggiungere entro il …
      • % del mercato entro il …
      • nuovo canale/contatto/relazione entro il…,
      • nuovo mercato servito entro il …

      A questo punto, fissati gli obiettivi (sapendo che dovrete ritornarci su, iterativamente, dopo aver approfondito la loro realizzabilità) va svolta un’attenta analisi del mercato riguardante i clienti e la concorrenza. Preliminare è però la definizione dei prodotti (o servizi) offerti, anche questa questione per niente ovvia.
      Qual è la vostra clientela potenziale? Fate uno sforzo per individuarla e segmentarla, anche geograficamente. Non esiste “il cliente tipo”, ma diverse tipologie di clienti (cioè diversi bisogni serviti) e quindi diverse strategie per attrarlo, servirlo, mantenerlo fedele, far sì che ci porti altri clienti.
      E chi sono realmente i vostri concorrenti? Avrete diversi concorrenti per ogni segmento di clientela potenziale servita. Quindi i vostri concorrenti saranno evidenti solo dopo aver individuato i vostri potenziali clienti e i relativi bisogni serviti. 
      Su come proseguire il processo di business planning e per approfondimenti potete trovare qui altre informazioni, o digitare nel box di ricerca in alto "Business Plan".

      IL REGOLAMENTO
      Una volta chiari i motivi che vi hanno portato a fare società, e avendone condiviso le strategie e gli obiettivi, avendo messo per iscritto il piano di business, è necessario stabilire una serie di principi base di "convivenza" o REGOLAMENTO. Il regolamento può essere inserito nel documento di pianificazione di business. Può farsi riferimento al regolamento nello statuto, per ogni altra previsione che non sia ivi contenuta. Ma non create il regolamento DOPO esservi costituiti dal notaio. Molti aspetti della gestione vanno chiariti PRIMA e incorporati nel regolamento.
      Il regolamento sancisce le regole interne di convivenza e va sperimentato ed, eventualmente, rivisto dopo sei mesi, poi dopo un anno. Infine va congelato e bloccato, a meno di cambiamenti gestionali importanti. L’approvazione va data all’unanimità.
      Il regolamento va redatto non come un contratto di matrimonio, ma come un contratto di divorzio! Cioè vanno gestite anche e soprattutto le patologie prevedibili.
      Tra i principi e gli aspetti organizzativi da incorporare nel regolamento, riflettete fin d'ora su questi punti che, se non chiariti e concordati in tempo, possono portare ad effetti deflagranti dopo pochi anni di vita aziendale. Sono elencati solo a tipo di esempio:
      • i ruoli e le funzioni di ognuno di voi rispetto all’organizzazione interna e al rapporto con l’esterno
      • le regole condivise per la gestione di assenze, soprattutto se prolungate (gravi malattie, infortuni, ecc.);
      • i criteri di ripartizione degli utili e gli eventuali meccanismi di incentivazione;
      • la regolamentazione dei casi di recesso e/o esclusione, con l’individuazione di criteri per la valutazione della società e/o delle singole quote;
      • le regole per i servizi e i prodotti venduti a parenti ed amici
      • le regole per l’ingresso di nuovi soci, collaboratori e per l'assunzione di personale dipendente: decisioni a maggioranza, unanimità, ecc., i criteri per la selezione del personale, ecc.
      Indipendentemente da valutazioni patrimoniali o fiscali, si può dire che la società in nome collettivo (Snc) è preferibile tutte le volte in cui i soci sono legati da rapporti di stima e fiducia reciproca e intendono operare attivamente con lo stesso impegno nella società. 
      La società in accomandita semplice può essere presa in considerazione quando si voglia affiancare ad una compagine siffatta uno o più soci di capitale da tener fuori da amministrazione e da responsabilità patrimoniale personale.
      Negli altri casi può ipotizzarsi una Società a Responsabilità Limitata (Srl). In ogni caso è sempre opportuno farsi consigliare da un dottore commercialista.

      Un'altra osservazione: nella mia esperienza accade spesso la seguente situazione: tre soci vanno d'accordo per anni, le cose vanno bene e non ci sono tensioni finanziarie. Poi l'azienda attraversa un periodo più complicato, i soci decidono di immettere personalmente risorse in azienda: apporto dei soci in conto capitale o finanziamento degli stessi soci. Se uno dei soci non ha le liquidità necessarie ad adeguarsi alla decisione, non resta che re-distribuire le quote, cedendo parte delle quote agli altri soci più "liquidi" che effettuaranno l'apporto necessario alla ricapitalizzazione dell'azienda. La rimodulazione delle quote può portare ad una estromissione di fatto del socio dalla gestione "ridotto", o ad una tale sua riduzione di partecipazioni da non renderne più conveniente la sua presenza nel sodalizio. 

      Per non dire che, tale modalità è spesso usata proprio per estromettere un socio che gli altri soci sanno non essere in grado di "rilanciare". Insomma, non si dovrebbe giocare a poker con chi ha più soldi di noi.

      E cosa acccade quando una società nasce tra soci di capitale e soci d'opera? Una società nasce con queste due tipologie di soci, le cose vanno bene, la società cresce, ha successo, chi la amministra investe tempo, risorse, credito (anche) bancario personale. A poco a poco il socio di capitali, inizialmente benedetto perché colui che ha messo le risorse patrimoniali perché tutto iniziasse, finisce con l'essere percepito come superfluo e "parassitario". Si finirà col volersene liberare e l'altro opporra le ovvie resistenze (leggasi richieste molto care per la fuoruscita), avendo tutto l'interesse a rimanere socio di una società redditizia. 

      E' importante che vengano definiti bene i ruoli. Tre soci tutti amministratori renderebbero complicata la gestione. Così come tre soci tutti impegnati nella produzione o nella commercializzazione. La società necessita che vengano coperte le tre aree (amministrazione, produzione, commerciale) e vanno ben distribuiti i ruoli, senza sovrapposizioni.

      Chi possieda più quote non può comunque pensare di imporre le sue scelte in azienda, essendo questo il potere dell'amministratore (sempre nei limiti del mandato conferito dai soci). Ricordate che chi amministra ha la gestione dell'impresa.

      In tutti questi casi, al di là di quanto previsto dal Codice Civile, è utile prevedere, sempre in fase preliminare alla costituzione, i PATTI PARASOCIALI, cioè un atto pubblico in cui vengono regolamentati tutti gli elementi della vita sociale non espressamente previsti nello statuto.

      In bocca al lupo!

      Prima di metter su società con un amico...

      Fare impresa, mollare il lavoro dipendente e mettersi in proprio facendo società con un amico è il sogno di molti. Molto spesso le perplessità sono di tipo finanziario, ancor prima che economico. Quasi mai sono di tipo organizzativo.
      Eppure l’esperienza insegna che l'insuccesso di moltissimi sodalizi avviene prima che per motivi finanziari, per problemi legati agli aspetti relazionali, alla mancata condivisione di obiettivi strategici o al mancato accordo su regole di convivenza interna. Dovremmo ricordare, invece, che anche se abbiamo cieca fiducia reciproca, dobbiamo sempre confermarci vicendevolmente gli accordi, anche con i nostri fratelli. Anzi, proprio perché teniamo in modo speciale ai nostri rapporti sociali e familiari, in questi casi è ancora più importante stabilire delle regole. Parenti e amici, nella loro qualità di soci, vanno trattati come estranei, utilizzando le stesse cautele.
      Determinanti, per il successo di un 'impresa, non è tanto il fatto di avere soci in numero dispari, purché inferiori a 3 (come recita un adagio) o il semplice entusiasmo, quanto la compatibilità caratteriale e una chiara divisione delle responsabilità e dei poteri tra i soci.
      Il piano di business in questi casi rappresenta lo strumento programmatico per eccellenza, impostato più per un uso interno che da comunicare all’esterno (banche, finanziatori, ecc.). Solo successivamente (ma prima della costituzione) sarà anche necessario affiancare ad atto costitutivo e statuto un regolamento molto dettagliato: responsabilità aziendali, utilizzo locali, telefono... In caso di controversie, se c'è un accordo preliminare, la soluzione sarà più semplice.
      Preliminarmente è necessario un laico (nel senso di non "innamorato" dell'iniziativa), confronto sull’idea, sulla filosofia che sottende sugli obiettivi e sui ruoli e le funzioni dei futuri soci "nubendi".
      Successivamente va analizzato il mercato (clientela e concorrenza) e i servizi e prodotti che si intendono realizzare.
      Successivamente e consequenzialmente, vanno analizzati nel Business plan gli aspetti organizzativi.
      La formalizzazione "nero su bianco" della missione e di obiettivi realistici e coerenti è il punto fondamentale attorno al quale si sviluppa l’intero progetto.
      In particolare i soci devono chiarire:
      • di avere in mente la stessa cosa riguardo il proprio business. Sembra ovvio, ma nella mia esperienza, posso assicurarvi che non è sempre così.
      • i principi fondamentali dello statuto e del regolamento interno;
      • ruoli e funzioni di ciascun socio;
      • l’adesione futura di nuovi soci e le modalità del loro ingresso;
      • regole per l'eventualità di una futura cessione del nascente business;
      • le esigenze personali (famiglia, hobbies, ecc.) e la correlazione di esse con il nuovo impegno.
      Gli obiettivi
      È importante che gli obiettivi siano misurabili in modo da disegnare un "percorso ideale" per raggiungerli e per poi analizzare gli scostamenti rispetto al percorso tracciato.
      Gli obiettivi devono essere misurabili in cifre e vanno stabilite le date entro i quali questi vanno raggiunti. Vanno anche stabilite le strategie del gruppo per raggiungere i suddetti obiettivi.
      Per metterli a punto dovremo visualizzare un orizzonte temporale inizialmente triennale, poi annuale e poi mensile.
      Dovremo prevedere momenti di verifica degli obiettivi almeno trimestrali se non mensili (in relazione alla complessità della gestione) dello stato dei nostri lavori e degli obiettivi. Eventualmente dovremo rivedere le nostre strategie per raggiungerli, o rivedere gli stessi obiettivi. Certo la revisione non dovrà rimettere in discussione il piano anche per piccoli scostamenti di dettaglio non significativi.
      Esempio di obiettivi (scegliete voi i più opportuni, o aggiungetene altri per voi significativi):
      • n.° di nuovi clienti entro il…
      • fatturato da raggiungere entro il …
      • % del mercato entro il …
      • nuovo canale/contatto/relazione entro il…,
      • nuovo mercato servito entro il …

      A questo punto, fissati gli obiettivi (sapendo che dovrete ritornarci su, iterativamente, dopo aver approfondito la loro realizzabilità) va svolta un’attenta analisi del mercato riguardante i clienti e la concorrenza. Preliminare è però la definizione dei prodotti (o servizi) offerti, anche questa questione per niente ovvia.
      Qual è la vostra clientela potenziale? Fate uno sforzo per individuarla e segmentarla, anche geograficamente. Non esiste “il cliente tipo”, ma diverse tipologie di clienti (cioè diversi bisogni serviti) e quindi diverse strategie per attrarlo, servirlo, mantenerlo fedele, far sì che ci porti altri clienti.
      E chi sono realmente i vostri concorrenti? Avrete diversi concorrenti per ogni segmento di clientela potenziale servita. Quindi i vostri concorrenti saranno evidenti solo dopo aver individuato i vostri potenziali clienti e i relativi bisogni serviti. 
      Su come proseguire il processo di business planning e per approfondimenti potete trovare qui altre informazioni, o digitare nel box di ricerca in alto "Business Plan".

      IL REGOLAMENTO
      Una volta chiari i motivi che vi hanno portato a fare società, e avendone condiviso le strategie e gli obiettivi, avendo messo per iscritto il piano di business, è necessario stabilire una serie di principi base di "convivenza" o REGOLAMENTO. Il regolamento può essere inserito nel documento di pianificazione di business. Può farsi riferimento al regolamento nello statuto, per ogni altra previsione che non sia ivi contenuta. Ma non create il regolamento DOPO esservi costituiti dal notaio. Molti aspetti della gestione vanno chiariti PRIMA e incorporati nel regolamento.
      Il regolamento sancisce le regole interne di convivenza e va sperimentato ed, eventualmente, rivisto dopo sei mesi, poi dopo un anno. Infine va congelato e bloccato, a meno di cambiamenti gestionali importanti. L’approvazione va data all’unanimità.
      Il regolamento va redatto non come un contratto di matrimonio, ma come un contratto di divorzio! Cioè vanno gestite anche e soprattutto le patologie prevedibili.
      Tra i principi e gli aspetti organizzativi da incorporare nel regolamento, riflettete fin d'ora su questi punti che, se non chiariti e concordati in tempo, possono portare ad effetti deflagranti dopo pochi anni di vita aziendale. Sono elencati solo a tipo di esempio:
      • i ruoli e le funzioni di ognuno di voi rispetto all’organizzazione interna e al rapporto con l’esterno
      • le regole condivise per la gestione di assenze, soprattutto se prolungate (gravi malattie, infortuni, ecc.);
      • i criteri di ripartizione degli utili e gli eventuali meccanismi di incentivazione;
      • la regolamentazione dei casi di recesso e/o esclusione, con l’individuazione di criteri per la valutazione della società e/o delle singole quote;
      • le regole per i servizi e i prodotti venduti a parenti ed amici
      • le regole per l’ingresso di nuovi soci, collaboratori e per l'assunzione di personale dipendente: decisioni a maggioranza, unanimità, ecc., i criteri per la selezione del personale, ecc.
      Indipendentemente da valutazioni patrimoniali o fiscali, si può dire che la società in nome collettivo (Snc) è preferibile tutte le volte in cui i soci sono legati da rapporti di stima e fiducia reciproca e intendono operare attivamente con lo stesso impegno nella società. 
      La società in accomandita semplice può essere presa in considerazione quando si voglia affiancare ad una compagine siffatta uno o più soci di capitale da tener fuori da amministrazione e da responsabilità patrimoniale personale.
      Negli altri casi può ipotizzarsi una Società a Responsabilità Limitata (Srl). In ogni caso è sempre opportuno farsi consigliare da un dottore commercialista.

      Un'altra osservazione: nella mia esperienza accade spesso la seguente situazione: tre soci vanno d'accordo per anni, le cose vanno bene e non ci sono tensioni finanziarie. Poi l'azienda attraversa un periodo più complicato, i soci decidono di immettere personalmente risorse in azienda: apporto dei soci in conto capitale o finanziamento degli stessi soci. Se uno dei soci non ha le liquidità necessarie ad adeguarsi alla decisione, non resta che re-distribuire le quote, cedendo parte delle quote agli altri soci più "liquidi" che effettuaranno l'apporto necessario alla ricapitalizzazione dell'azienda. La rimodulazione delle quote può portare ad una estromissione di fatto del socio dalla gestione "ridotto", o ad una tale sua riduzione di partecipazioni da non renderne più conveniente la sua presenza nel sodalizio. 

      Per non dire che, tale modalità è spesso usata proprio per estromettere un socio che gli altri soci sanno non essere in grado di "rilanciare". Insomma, non si dovrebbe giocare a poker con chi ha più soldi di noi.

      E cosa acccade quando una società nasce tra soci di capitale e soci d'opera? Una società nasce con queste due tipologie di soci, le cose vanno bene, la società cresce, ha successo, chi la amministra investe tempo, risorse, credito (anche) bancario personale. A poco a poco il socio di capitali, inizialmente benedetto perché colui che ha messo le risorse patrimoniali perché tutto iniziasse, finisce con l'essere percepito come superfluo e "parassitario". Si finirà col volersene liberare e l'altro opporra le ovvie resistenze (leggasi richieste molto care per la fuoruscita), avendo tutto l'interesse a rimanere socio di una società redditizia. 

      E' importante che vengano definiti bene i ruoli. Tre soci tutti amministratori renderebbero complicata la gestione. Così come tre soci tutti impegnati nella produzione o nella commercializzazione. La società necessita che vengano coperte le tre aree (amministrazione, produzione, commerciale) e vanno ben distribuiti i ruoli, senza sovrapposizioni.

      Chi possieda più quote non può comunque pensare di imporre le sue scelte in azienda, essendo questo il potere dell'amministratore (sempre nei limiti del mandato conferito dai soci). Ricordate che chi amministra ha la gestione dell'impresa.

      In tutti questi casi, al di là di quanto previsto dal Codice Civile, è utile prevedere, sempre in fase preliminare alla costituzione, i PATTI PARASOCIALI, cioè un atto pubblico in cui vengono regolamentati tutti gli elementi della vita sociale non espressamente previsti nello statuto.

      In bocca al lupo!

      Monday, 13 September 2010

      Paradisi fiscali: se ne parla, il fisco li combatte. Cosa sono?

      Ci sono molti modi di definire un Paese un paradiso fiscale.
      Una definizione può essere quella di Stato in cui un regime fiscale privilegiato consente una imposizione fiscale minore o nulla rispetto al paese di origine.

      Secondo l'economista Geoffrey Colin, è necessaria la presenza di una struttura di tassazione creata deliberatamente per trarre vantaggio e sfruttare la domanda mondiale di evasione fiscale. Quindi sarebbe un paradiso fiscale un paese che costruisca un sistema fiscale di vantaggio con l'intento di attirare capitali provenienti da paesi stranieri. Secondo questa definizione potrebbero non rientrare molti Paesi tradizionalmente considerati "paradisi fiscali", e vi potrebbero rientrare tutti quelli che modificano il proprio sistema fiscale per attrarre capitale straniero.

      Da millenni l'uomo si serve di paradisi fiscali. Nell'antica Grecia alcune isole dell'Egeo venivano utilizzate come deposito per evitare di pagare il 2% sulle importazioni imposto dalla città di Atene. E questi escamotage sono stati utilizzati continuamente nella storia dei commerci, fino ad oggi. Da altrettanto tempo città e nazioni prosperano da quella che è sempre stata considerata competizione fiscale tra paesi.
      Al di là dell'ovvio perseguire i movimenti di denaro generati dalle organizzazioni criminali, non è illegale la concorrenza fiscale tra paesi, che infatti, cercano di rendersi attraenti con varie costruzioni quali le free economic zone (in Italia, ad esempio, Catania, Ventimiglia) o i porti franchi (Livorno, Trieste, Venezia, Aosta).
      In molti casi, però, i paesi considerati paradiso fiscale, possono costituire per molti paesi una spina nel fianco e mettere in atto una forma di concorrenza sleale.

      In realtà non si può imporre ad un paese di imporre più tasse ai propri cittadini solo per non generare disparità di trattamento tra paesi. Alcuni sistemi fiscali presentano una tassazione sicuramente di vantaggio rispetto, ad esempio, all'Italia. Ad esempio la Russia applica una tassazione alle società pari al 20% potrebbe essere un paradiso fiscale per un'azienda italiana, se si guardasse solo all'importo della tassazione. Montecarlo applica imposte sui redditi d'impresa non particolarmente attraenti, anzi, però la tassazione di chi acquisisce lo status di cittadino monegasco è pressoché nulla. Né possono accadere distorsioni per cui un cittadino si possa trovare a pagare 2 volte le proprie imposte sui redditi, una volta perché residente in un paese ed una seconda volta perché, ad esempio, i redditi vengono prodotti in un certo altro territorio o è cittadino di un certo Stato (come avviene per i cittadini USA che sono tassati in base al principio di cittadinanza e non di residenza). Per questo motivo gli stati si sono accordati con vari trattati contro la doppia imposizione.

      A rendere più complesso il quadro dei paradisi è anche il fatto che non sempre si sceglie di rifugiarsi in un paradiso fiscale per mere questioni fiscali. Questi paesi, spesso, sono infatti anche giurisdizioni dove vigono regole di riservatezza bancaria molto strette, rendendoli interessanti per coloro che intendessero proteggere il proprio patrimonio da creditori o da questioni di famiglia.

      Al di là delle definizioni giuridiche, più o meno sfuggenti, i paradisi fiscali hanno in comune buona parte delle seguenti caratteristiche:

      • non vi è alcuna tassazione o tassazione nominale
      • è presente un sistema “ring fenced”, cioè un sistema di tassazione con ampia disparità tra i redditi generati nel territorio nazionale dagli altri
      • vi è scarso scambio di informazioni fiscali con le autorità fiscali straniere
      • mancanza di trasparenza (opacità) delle transazioni effettuate grazie alla normazione legislativa, amministrativa e legale
      • non viene richiesta una necessaria presenza fisica sul proprio territorio
      • si auto-promuovono come centro finanziario off-shore (si usa il termine off-shore ad intendere una delocalizzazione fuori dal territorio nazionale). Questo determina la loro capacità di attrarre società con il solo scopo di occultare capitale

      Possiamo distinguere 4 principali categorie di paradisi fiscali:

      • Pure Tax Haven: non vengono applicate imposte o tasse o solo imposte o tasse di valore nominale. Viene garantito il segreto bancario e non vengono scambiate informazioni con altri paesi
      • No Taxation on Foreign Income: viene tassato solo i reddito prodotto nel territorio nazionale
      • Low taxation: viene applicata una modesta tassazione fiscale sul reddito ovunque generato nel mondo
      • Special Taxation: in questi paesi il peso dell'imposizione fiscale è simile a quello dei paesi considerati a tassazione normale, ma è consentita la costituzione di società particolarmente flessibili

      Gia dal 1999 l'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economic) o OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) aveva stilato una prima blacklist (lista nera) di paradisi fiscalli. Il 2 aprile 2009 durante il G20 di Londra i paesi G20 si sono accordati per definire una blacklist dei paradisi fiscali da segmentarsi in 4 categorie basate sull'adesione ad uno “standard fiscale internazionalmente riconsociuto”.

      Le 4 categorie di paesi sono:
      • i paesi che hanno sostanzialmente implementato lo standard (tra questi è l'Italia)
      • i paradisi fiscali che si sono impegnati ad adeguarsi ma non hanno ancora pienamente implementato lo standard (tra questi Andorra, le Bahamas, Isole Cayman, Gibilterra, Liechtenstein e Monaco)
      • i centri finanziari che si sono impegnati ad adeguarsi ma che non hanno ancora implementato in pieno lo standard (tra questi la Svizzera, l'Austria, il Belgio e Il Lussemburgo)
      • i paesi che non si sono impegnati ad implementare lo standard (sono i c.d. Paesi non cooperativi, finora una categoria vuota).

      In Italia il legislatore era già arrivato a considerare paradisi fiscali quei paesi dove il livello di tassazione è inferiore minimo per il 30% rispetto al livello medio applicato in Italia. La Legge Finanziaria del 2008 istituisce, al posto della blacklist per i paesi a rischio fiscale, la whitelist in cui inserire quei paesi ad elevato livello di collaborazione con l'amministrazione italiana. Con questo nuovo criterio potremmo trovarci paesi prima presenti nelle blacklist per via del livello di tassazione basso ora rientrare nella whitelist in quanto hanno uno scambio di informazioni con l'Italia adeguato ai nostri parametri. E' il caso di Malta, delle Mauritius e degli Emirati Arabi Uniti. E potrebbero essere invece penalizzati paesi che, pur avendo livelli di tassazione simili a quella italiana, mantengono una eccessivo livello di riservatezza, come la Svizzera.

      E' prevista l'indeducibilità dei costi sostenuti per operazioni intercorse con fornitori residenti in paesi considerati paradisi fiscali e inseriti nella blacklist, anche se l'indeducibilità è applicabile solo ad operazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo e non si applica se si fornisce la prova che la società estera svolge prevalentemente attività economica reale de effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.
      Con il decreto Bersani (D.L. 223/06) si è introdotta, con il comma 5 bis dell'art. 73 del TUIR sulla localizzazione dei redditi prodotti da una società o ente estero la cui partecipazione di controllo è detenuta da un soggetto residente in Italia, la presunzione legale, salvo prova contraria, della residenza in Italia della sede amministrativa di società ed ente estero quando, alternativamente:

      a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell'art. 2359, comma 1 del c.c. da soggetti residenti in Italia;
      b) sono amministrati da un consiglio d'amministrazione o altro organo di gestione equivalente, formato da soggetti residenti in Italia.

      E' stata in pratica introdotta l'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente che deve essere in grado di predisporre idonea documentazione, nulla essendo stato, però, indicato su cosa possa costituire prova contraria.
      Se l'imposta evasa supera il limite di € 77.468,53 il reato è penale con una previsione di reclusione da uno a tre anni.

      Come viene sfruttata la competizione fiscale fra Stati? Con necessaria semplificazione, si usano 4 principali metodologie.
      • Tassazione in capo alla persona fisica:
      Nella gran parte degli stati del Mondo la residenza è la principale base di tassazione. In alcuni casi le giurisdizioni a tassazione mite prevedono imposte sui redditi leggere o inesistenti (ad esempio il Principato di Monaco). E quasi tutti i paradisi fiscali non impongono tasse sui capital gain o imposte di successione.
      • Imposizione patrimoniale:
      Un trust o una società o un trust che possiede una società si costituisce in un paradiso fiscale e viene amministrato e risiede in una giurisdizione ad alta tassazione.
      La funzione sarà quella di detenere la proprietà che può consistere in un portafoglio di azioni, partecipazioni in altre società o gruppi e beni materiali, tra i quali, ad esempio, immobili.
      L'essenza di una tale organizzazione è che trasferendo la proprietà di un asset societario ad un'altra entità, residente in una giurisdizione a bassa tassazione, l'asset societario cessa di essere tassato nella giurisdizione ad alta tassazione e sarà soggetta alle regole di tassazione della nuova giurisdizione.
      Spesso il meccanismo è impiegato per eludere una specifica imposta. Ad esempio, un testatore che possiede ingenti capitali trasferisce i propri beni ad una società off-shore. Successivamente questi conferisce le quote della società off-shore ad una fiduciaria di cui è amministratore congiuntamente ad un'altra persona, mantenendo l'usufrutto a vita per lui, e poi per sua figlia. Alla sua morte le quote passeranno automaticamente alla figlia, che quindi acquisirà la casa senza omologa del testamento e imposte di successione.
      Accade, però, che la maggior parte dei Paesi applica imposte di successione e tutte le altre imposte sui beni immobili siti nella propria giurisdizione, a prescindere dalla nazionalità del proprietario, e quindi potrebbe non funzionare con gli immobili nella gran parte dei Paesi. E' una forma più adatta ai patrimoni costituiti soprattutto da beni immateriali.
      • Le società:
      Molti business che non necessitano di una specifica sede geografica o di forza lavoro hanno sede in un paradiso fiscale per limitare l'esposizione fiscale. Tipica è la presenza alle Bermuda di società di riassicurazione che vi ahnno migrato negli anni. Molte sono le società finanziarie e le società di servizi erogati via internet.
      Negli anni 70 e 80 molti gruppi societari creavano società off-shore allo scopo di ri-fatturare. Queste società di rifatturazione guadagnavano il proprio margine operativo senza svolgere alcuna funzione economica, e siccome i propri redditi si generavvano in una giurisdizione tax-free, il gruppo riusciva a far dimagrire i profitti dichiarati nella giurisdizione ad alta tassazione. Oggi nella gran parte degli stati, tra cui l'Italia sono state introdotte norme sul “transfer pricing” che regolamentano escamotage di questo tipo.
      • Gli intermediari finanziari
      La gran parte delle attività economiche nei paradisi fiscali oggi consiste in servizi finanziari, come fondi comuni, banche, assicurazioni e fondi pensionistici. In genere i fondi sono depositati con un intermediario in una giurisdizione low-tax, e l'intermediario reinveste le somme spesso nelle stesse giurisdizioni ad alta tassazione. Questo sistema non esime da imposizioni fiscali i propri clienti però permette al fornitore di servizi finanziari di erogare prodotti multi-giurisdizione senza stratificare addizionali livelli di tassazione. Questo sistema è particolarmente utilizzato dai fondi off-shore.

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